BlogStoria del graphic design

6. Tardo moderno e post-moderno (anni ’70 – ’80)

Visioni contrapposte

Gli ultimi 30 anni del ventesimo secolo furono segnati da importanti cambiamenti nelle premesse culturali e filosofiche della società occidentale, e questi influenzarono fortemente il modo in cui la progettazione grafica si sviluppò. I termini “tardo moderno” e “postmodernismo” sono usati per descrivere le due principali tendenze progettuali della fine del XX secolo, sebbene non abbraccino propriamente tutto. Questi due stili coesistevano lungo tutto il periodo anziché susseguirsi, uno dopo l’altro. Mentre gli ultimi modernisti hanno continuato con i valori stabiliti, i postmodernisti hanno definito nuove basi che hanno contestato ipotesi fondamentali sul significato e lo scopo del design.

 

Il progetto grafico al servizio della comunità

Il tardo moderno è più facile da comprendere in quanto teoricamente meno complesso del postmoderno. L’etichetta si riferisce a designer che erano interessati ad estendere o ad adattare i principi del modernismo alla situazione mutata in cui si trovavano verso la fine del secolo. Nei Paesi Bassi, ad esempio, la progettazione grafica ha rappresentato una fioritura tardiva del design moderno. La convinzione che la comunicazione visiva potesse migliorare la vita attraverso schemi di identità aziendale e sistemi di segnaletica ben pianificati, o che il progettista grafico potesse contribuire alla ricchezza della vita culturale, era in diretta continuità con la visione dei progettisti sperimentali degli anni ’20. Programmi pubblici fortemente sovvenzionati hanno permesso al design di svolgere un ruolo centrale nella creazione di un’identità nazionale in cui il benessere sociale e la cultura erano collegati alla socialdemocrazia piuttosto che all’economia di mercato.
I filosofi e gli storici erano divisi nella loro diagnosi del grado di cambiamento che si è verificato nel mutamento da una società tecnologica a una società dell’informazione o, come viene talvolta descritto, da una società industriale a quella postindustriale.

 

Disillusione e ironia

I postmodernisti sostenevano che si era verificato un cambiamento di categoria nella base economica e tecnologica della società, dal capitalismo alto a quello tardivo. Il modernismo era stato ispirato dalla macchina e da una visione del design orientata alla produzione basata sui principi del fordismo (lavoro organizzato industrialmente basato sulla standardizzazione, la cui definizione si ispira al costruttore di automobili Henry Ford). Al contrario, il postmodernismo è stato associato a una visione della società orientata al consumatore, in cui l’accento è stato posto sul design per il piacere estetico e per stabilire l’identità. Il graphic designer postmoderno non cercava più un singolo messaggio dominante o una forma visiva, ma utilizzava invece immagini ibride, stili tipografici misti e impreziositi da una composizione complessa.
Ad un certo livello, il postmodernismo rappresentava il ritorno dell’ornamento, del simbolismo e dell’arguzia, qualità già presenti in molte grafiche orientate al Pop. Tuttavia, fu nell’architettura piuttosto che nella progettazione grafica che furono articolate le prime definizioni del postmoderno. Nel 1972 gli architetti Robert Venturi, Denise Scott Brown e Steven Izenour pubblicarono “Learning from Las Vegas”. Questo libro estremamente influente ha spiegato come la striscia commerciale delle città americane sia piena di segni che fungono da sistemi simbolici. Invece di denigrare o liquidare questi come kitsch, gli autori hanno sostenuto il loro uso come un modo per arricchire l’architettura e il design. L’architettura fu percepita come un linguaggio e questa analogia offriva molte possibilità anche al graphic designer. A sua volta, anche il critico di architettura Charles Jencks, in The Language of Postmodern Architecture (1984), prese il carattere linguistico e simbolico dell’architettura come centrale nella sua definizione di postmoderno. Considerava lo stile come un gioco di linguaggi artistici, sfruttando elementi come parodia, pastiche e citazioni da precedenti stili storici, e deliberato eclettismo. Jencks ha identificato la fine simbolica del modernismo come la distruzione nel 1972 dello sviluppo abitativo Pruitt-Igoe a St Louis, un progetto eroico modernista su larga scala che si era rivelato inabitabile. Per lui, il postmodernismo ha sostituito la radicata fiducia dei modernisti nei “codici principali” di tale funzionalismo.

Composizione tipografica di Wolfgang Weingart

All’inizio degli anni ’80 il postmodernismo era evidente in tutti i campi del design. Nel design di mobili e prodotti, ad esempio, gli studi milanesi Alchymia e Memphis si impegnarono sul significato culturale degli oggetti, arricchendo semanticamente i loro progetti attraverso allusioni che si riflettevano nei titoli. Nella progettazione grafica, una seria critica della premessa del Bauhaus “la forma segue la funzione” è stata sostenuta da Wolfgang Weingart, che a Basilea negli anni ’70 ha infranto molte delle convenzioni della tipografia svizzera per riesaminare la “natura del design tipografico”.

April Greiman

Insegnante influente, Weingart ha fornito un collegamento tra la new wave in Svizzera e negli Stati Uniti attraverso studenti come April Greiman e Dan Friedman, che sono diventati importanti designer polemici al ritorno in America.

Tre poster progettati da Dan Friedman

 

Interazione e filosofia

In Francia, la tradizione filosofica dello strutturalismo ha definito un’apertura di significato che ha ispirato i grafici. In particolare, Roland Barthes, nel suo libro Mythologies (pubblicato in francese nel 1959 e in inglese nel 1972) e nel saggio successivo The Death of the Author (1968), suggerì che elementi della cultura popolare potevano essere intesi come processi a più livelli di significato. Contrariamente a quanto proposto dalla progettazione grafica modernista, non era più il ruolo del designer quello di cercare di controllare il significato o risolvere il problema della comunicazione. La tipografia poteva invece essere una pratica discorsiva, non interessata alla consegna di un certo messaggio, ma invitando una molteplicità di letture. Quando il destinatario “decostruiva” il messaggio visivo, la comunicazione diventava un processo autoriflessivo.

 

Hai letto i precedenti capitoli di questa breve Storia del Graphic Design?

Li trovi a questi link:

1. L’era industriale e la rivoluzione tipografica

2. Una nuova professione (‘800 – 1914)

3. La nuova sperimentazione progettuale ed artistica (1918 – anni ’30)

4. il Mid-century Modern (Anni ’30 – fine anni ’50)

5. Pop, sovversione e alternative (anni ’60 – ’70)